Nicosia: Motivazione assoluzione ginecologhe Di Costa e Venia “Carenze sanità e rianimazione”
FU IL MALFUNZIONAMENTO DELLA RETE ASSISTENZIALE E LA MANCANZA DI UN REPARTO DI RIANIMAZIONE PRESSO L’OSPEDALE DI NICOSIA A CAUSARE LA MORTE DELLA TRENTENNE ANTONELLA SEMINARA.
DEPOSITATE LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA CON LA QUALE IL TRIBUNALE DI ENNA, NEL FEBBRAIO SCORSO, HA ASSOLTO LE DUE GINECOLOGHE, MARIA DI COSTA E ROSARIA VENA, DALL’ ACCUSA DI OMICIDIO COLPOSO.
PIENAMENTE ACCOLTA NELLE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA LA TESI DELLA DIFESA ED IL “JACCUSE” AL SISTEMA SANITARIO MOSSO DALL’AVVOCATO SALVATORE TIMPANARO.
Sono state rese note le motivazioni della sentenza con la quale, il 12 febbraio scorso, il Presidente del Tribunale di Enna, Dott. Francesco Paolo Pitarresi, ha assolto, con formula piena, “perché il fatto non sussiste”, la Dott.ssa Maria Di Costa, difesa dall’avvocato Salvatore Timpanaro, e la Dott.ssa Rosaria Vena, difesa dall’avvocato Francesco Greco, ginecologhe in servizio presso l’Ospedale di Nicosia, dall’accusa di omicidio colposo in relazione alla morte di Antonella Seminara, avvenuta nella notte tra il 4 ed il 5 agosto del 2013, a seguito di un intervento di parto cesareo presso il nosocomio nicosiano.
La Procura nicosiana contestava ad entrambe le ginecologhe e ad altri sanitari il reato di omicidio colposo, per avere omesso di effettuare un intervento di isterectomia sulla paziente, che era deceduta per una massiva emorragia dopo il trasferimento in urgenza in elisoccorso presso l’ospedale di Sciacca, essendo indisponibile un posto in rianimazione presso l’ospedale di Enna.
Il P.M., Dott. Fabio Scavone, sulla scorta della consulenza di parte dei propri periti Giuseppe Ragazzi e Claudia Giuffrida, aveva, in un primo tempo, tratto a giudizio tutta l’equipe operatoria, comprendente oltre alle due ginecologhe anche l’anestesista, Dott. Pietro Trovato e le due ostetriche Floriana Caceci e Mastrandrea Maria Rita, tutti difesi dall’avvocato Salvatore Timpanaro. Il difensore aveva, però, subito ottenuto lo stralcio e l’archiviazione per l’anestesista e le due ostetriche.
Il processo – durato ben sette anni – proseguiva, quindi, solamente nei confronti delle due ginecologhe.
La sentenza, ora, in ben 86 pagine di motivazione, proscioglie completamente le due ginecologhe.
Per il Tribunale ennese nessuna colpa è ravvisabile nella condotta professionale della Dottoressa Di Costa, prima operatrice, e della Dottoressa Vena.
Secondo la tesi difensiva, sostenuta dall’avvocato Timpanaro sin dalle prime battute del lunghissimo processo, la responsabilità per la morte della Seminara dipese essenzialmente: dal malfunzionamento della rete assistenziale; dalla mancanza di un reparto di rianimazione presso l’ospedale di Nicosia; dalla mancanza di disponibilità di posti presso l’ospedale di Enna che pure, secondo il sistema aziendale, era tenuto a prestare assistenza per i casi più gravi all’ospedale nicosiano; dalle disfunzioni del sistema di elisoccorso, dal guasto dell’elicottero messosi in volo tardivamente da Caltanissetta e presto rientrato per un’avaria. “La successione di queste disfunzioni ed una serie di eventi avversi – concludeva il difensore avvocato Timpanaro nella sua ampia memoria difensiva – non diedero scampo alla Seminara, vittima, quindi, non di un errore delle due ginecologhe, ma di una rete assistenziale colpevolmente inefficiente”.
Il Tribunale di Enna nella lunga ed articolatissima motivazione riconosce che la responsabilità dell’evento dipese dal << “malfunzionamento strutturale” della rete assistenziale per l’assistenza ai pazienti, falcidiata da continui “tagli” (sia in termini di funzionalità di una struttura di primo livello, priva di reparto di rianimazione; sia in termini di disponibilità del numero dei posti letto in una vasta e popolosa regione come la Sicilia; sia in termini di funzionalità dell’elisoccorso), il quale malfunzionamento, comunque oggettivamente apprezzabile nel caso che ci occupa, ha impedito di trovare ed ottenere, in tempi definiti dai periti di ufficio “tempestivamente normali”, un posto, per una donna trentenne con gravissima patologia in corso, in un reparto di Terapia intensiva, nonostante la richiesta per via telefonica e intraoperatoria >>.
Già nella superperizia collegiale disposta dal Tribunale, i periti di ufficio, professori Asmundo e Accardo, avevano affermando testualmente che << soltanto per il malfunzionamento della rete assistenziale costruita per l’assistenza alla paziente non è stato trovato ed ottenuto un tempestivamente normale posto in un reparto di terapia intensiva, nonostante la tempestività della richiesta per via telefonica >>.
Alla luce della lettura della motivazione della sentenza di piena assoluzione, l’avvocato Salvatore Timpanaro si è dichiarato molto soddisfatto: << Per le due imputate è finito un incubo durato per ben sette anni. Le disfunzioni della rete assistenziale e le criticità del sistema sanitario derivanti dalla mancanza nel 2013 di un reparto di terapia intensiva, conseguenza dei tagli alla sanità sono ora scritte, nero su bianco, in una sentenza dell’autorità giudiziaria. La sentenza assolutoria – magistralmente motivata dal Presidente del Tribunale Dott. Pitarresi – impone una ineludibile riflessione sulla necessità di un reparto di rianimazione presso l’Ospedale di Nicosia >>.