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“L’attualità di Don Luigi Sturzo”: l’editoriale di Luigi Manno

Si è chiusa  a Roma, nel Palazzo Apostolico Lateranense, la fase diocesana della Causa di Beatificazione del Servo di Dio Don Luigi Sturzo (1871-1959). La sessione pubblica è stata presieduta, su delega dell’arcivescovo Angelo De Donatis, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma, da mons. Slawomir Oder, vicario giudiziale del Tribunale ordinario della diocesi di Roma.

Un’ evento al quale hanno partecipato i familiari di Don Sturzo, e quanti con determinazione ma soprattutto profonda fede portano avanti  la causa di Beatificazione di un uomo e sacerdote le cui intuizioni sono ancora oggi di straordinaria attualità. Mons. Oder, durante il suo intervento  ha ricordato in particolare la dimensione politica di Don Sturzo, che di se stesso usava ripetere “Io sono sacerdote, non un politico”. Don Sturzo, in ogni sua azione sentì la vocazione a ricondurre la politica “alla sua finalità naturale di carità e di servizio”.

Conscio della situazione economica della Sicilia, ma anche delle umili condizioni delle classi contadine, il sacerdote siciliano nato a Caltagirone, si impegna sin da giovane a realizzare i principi della Dottrina Sociale della Chiesa sulla base dell’Enciclica “Rerum Novarum” di Leone XIII: un impegno che si realizza prima  Caltagirone, dove, con la necessaria dispensa di San Pio X, è prosindaco per quindici anni, e poi nel Consiglio provinciale di Catania.

In Don Sturzo – ha dichiarato mons Oder – s’incarna l’ideale cristiano di politica, che egli vedeva come esercizio di “carità, ossia esigenza d’amore e di servizio a favore del prossimo, (…) ricerca ed attuazione del bene comune, (…) dovere civico e atto di carità verso il prossimo”. Con questi ideali nasce il suo primo proclama “Ai Liberi e Forti” per la fondazione del Partito Popolare Italiano, in cui egli “non intende impegnare direttamente la Chiesa, ma soltanto alcuni cattolici italiani, per una politica, che diventa l’espressione sociale di quanto si vive interiormente nella dimensione cristiana”.

“Paga con un esilio di ventidue anni in Inghilterra prima e negli Stati Uniti poi – ricorda ancora mons. Oder – il non essersi piegato al regime fascista e, rientrato in Italia nel 1946, muore a Roma nel 1959, dopo che il presidente della Repubblica Luigi Einaudi lo aveva nominato senatore a vita nel 1952, una nomina che Don Sturzo aveva accettato solo dopo che gli era stata concessa la dispensa esplicita da parte di Pio XII”.

 

Oggi quale insegnamento costituisce per la politica la figura di Don Luigi Sturzo? Don Sturzo insegna che il ruolo del cattolico è innanzitutto quello di testimonianza nell’ambito della società e soprattutto lo Stato e il partito devono essere aconfessionali.  Sturzo è stato un precursore dei tempi, ha compreso prima di ogni altro politico, la necessità di rivalutare sia lo Stato, sia la presenza dei cattolici nell’ ambito dello Stato. Sturzo ha portato i cattolici alla politica e lo Stato ai cattolici. Oggi l’ area di riferimento di Don Sturzo sarebbe il centro con i suoi valori a difesa della persona e della sua dignità, e di uno Stato che sappia riappropriarsi di un sano rapporto con i cittadini. Uno Stato solidale e non invasivo, che sappia contemperare le esigenze del cittadino e la libertà. Un insegnamento, quello di Don Sturzo attuale e ricco di spunti per un rinnovamento della politica.

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