Il Tribunale di Enna condanna l’Azienda Sanitaria a indennizzare chi fa Pronta disponibilità oltre i turni previsti
Con tre sentenze identiche nella motivazione del 9 marzo, il Tribunale di Enna, giudice del Lavoro Stancanelli, dà ragione a tre chirurghi che, per oltre dieci anni, avevano effettuato turni di reperibilità notturna e nei giorni festivi in misura eccedente quella consentita dalla contrattazione collettiva, venendo tuttavia remunerati nella stessa misura di quella contrattualmente prevista per la pronta reperibilità non eccedente i limiti contrattuali. E, in accoglimento della domanda, ha condannato l’Azienda Sanitaria di riferimento al risarcimento del danno contrattuale ex art. 2087 c.c.
I tre chirurghi, lamentavano di aver prestato dal 2004 per dieci anni consecutivi, il servizio di pronta reperibilità notturna e nei giorni festivi in misura eccedente quella consentita dalla contrattazione collettiva, venendo tuttavia remunerati nella stessa misura di quella contrattualmente prevista per la pronta reperibilità non eccedente i limiti contrattuali. Turni sistematicamente superiori ai 10 mensili previsti dall’art. 82 comma 12 del D.P.R. 20.05.1987, n. 270, per il quale “Di regola non potranno essere previste per ciascun dipendente più di dieci pronte disponibilità nel mese”. In uno dei casi in esame, si è arrivati ad oltre mille turni in sovrannumero in dieci anni. Ciò premesso, facevano valere far valere due diversi diritti di credito, uno volto al conseguimento delle differenze retributive, per cui deve ritenersi operante il termine prescrizionale di cinque anni e l’altro, invece di natura risarcitoria, ex art. 2087 c.c., (fattispecie della responsabilità contrattuale) tanto che chiedevano la condanna del datore di lavoro a titolo di risarcimento del danno da usura psico-fisica subito per ogni turno prestato in eccedenza rispetto al limite di dieci ore mensili.
Il danno
Dal fatto della “messa a disposizione delle energie lavorative”, in sistematica violazione dei limiti disposti dal diritto europeo citato, ne è derivato il risarcimento del danno, dimostrabile anche attraverso presunzioni semplici. Ancora la decisione: «Proprio l’attività di guardia oltre i limiti previsti che parte ricorrente chiede che venga risarcita, in quanto produttiva di un danno alla propria integrità psico-fisica e non la concreta attività svolta durante tali periodi. Ed invero dall’aprile del 2004 il ricorrente è stato adibito in via continuativa e costante a turni di reperibilità eccedenti i dieci turni mensili, di tal che l’eccezione consentita dalla contrattazione collettiva è divenuta, in sostanza, la regola, con conseguente violazione della disciplina pattizia. Tanto basta a qualificare il comportamento datoriale in termini di inadempimento (o inesatto adempimento), cui può conseguire, come già chiarito, un danno risarcibile in capo al ricorrente, suscettibile di essere dimostrato con prove dirette ma anche, come autorevolmente affermato dal giudice di legittimità, attraverso presunzioni semplici».
Danno che riceve, nella decisione in esame, una precisa configurazione in termini di «disagio sofferto dall’imposizione di turni di reperibilità eccessivi [che] assuma dimensioni tali da incidere sul piano psicofisico del lavoratore il quale non possa godere appieno del proprio tempo libero, essendo obbligato a garantire, durante il turno di ben 12 ore, una reperibilità immediata, essendo quindi di fatto limitato nei propri spostamenti e nelle stesse sue abitudini di vita». In questi termini la sentenza costituirà un precedente, essendo possibile agire nel termine decennale di prescrizione, con tutte le conseguenze del caso, dato il rilevante numero di dirigenti medici che sistematicamente hanno garantito all’utenza e al proprio datore di lavoro turni eccedenti i limiti del diritto europeo.