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Editoriale: Le quattro cause della disgregazione europea di Luca Galante

Galante-Luca

 “Trovo molto poco interessante osservare il ciarlare interessato sui giornaloni nazionali di esimi economisti riguardo un processo di disgregazione europeo. Gli stessi economisti che fino a qualche tempo fa discutevano di inezie e decimali di punto non ascoltando chi, pochi politici e qualche imprenditore, descriveva con ragione il futuro europeo a tinte fosche tra populismi e stagnazione. Gli stessi economisti che oggi identificano in Trump e nella Brexit le cause delle difficoltà europee confondendo, almeno con la Brexit, la causa con l’effetto.

L’Europa nacque nel dopoguerra per unire Paesi martoriati da una guerra fratricida che era finita senza vincitori e con milioni di morti. Si respirava un sentire comune, un’esigenza comune. Con il passare del tempo, con il benessere, questo senso di vicinanza e di solidarietà ha ceduto il passo agli egoismi dei singoli e così, ad oggi, in 4 mosse si è dato scacco all’Europa, mettendo fine al sogno di una generazione.

Il primo passo è stato l’introduzione dell’Euro. Spinto dalla Germania, a causa di un cambio mostruoso che ne penalizzava le esportazioni, è stato introdotto senza un’unione politica, fiscale, amministrativa, culturale. Potremmo dire senza un’unione storica. In tanti l’hanno giustamente paragonata ad una costruzione di una casa che parte dal tetto. Uscirne sarà inevitabile ma non sarà facile e comunque oggi l’euro è, di fatto, il più forte argine alla ripresa di molte economie europee.

Il secondo passo è stato lo sciagurato allargamento ad est dell’Europa. Per trovare manodopera a basso costo in Europa, abbiamo incluso Paesi che avevano come unico obiettivo quello di rinascere dalle ceneri sovietiche con i fondi europei. Ci sono riusciti, ed ora assistono distratti e di malavoglia alle crisi mediterranee.

Il terzo passo è rappresentato dalla gestione delle crisi economiche. Ormai, a distanza di anni, è chiaro che l’austeritytedesca ha giovato solo alla Germania ed ha precipitato in un baratro l’economia di molti Paesi, in primis l’Italia. Ritengo che il momento in cui l’Italia e non solo si affrancherà, a furor di popolo, dai vincoli europei, coinciderà con il momento in cui, anche formalmente, l’Europa, per come la conosciamo, cesserà di esistere.

Il quarto ed ultimo passo si è avuto con la gestione delle crisi migratorie, che ha messo in luce le differenze culturali tra i diversi Paesi ed ha contribuito alla rinascita delle destre estreme.

Questa è stata tutta colpa nostra. Solo nostra. Accettiamo sul suolo nazionale circa 200 mila persone ogni anno che sfuggono dalle guerre e dalla fame senza sottoporle, di fatto, ad alcun controllo, fornendo loro un’assistenza indecente e troppo costosa, incrementando le fila della criminalità, non dando loro la possibilità di vivere in maniera accettabile e distruggendo il tessuto sociale ed economico di questo Paese. Sul perché i governi italiani abbiano permesso tutto ciò non vorrei entrare, ormai in pochi credono che sia per evitare le tragedie in mare. Però vorrei fare due considerazioni. La prima è che la nostra condizione di Paese pieno oltre che di problemi anche di migranti (e continuiamo ad accoglierne) che vorrebbero raggiungere altri Stati europei non ci mette in condizioni di favore nei confronti degli altri Paesi dell’Unione che, ed è chiarissimo, i migranti non li vogliono. La seconda considerazione, molto scomoda ma evidente, è che la gestione dei migranti, non i migranti stessi ma la loro gestione, sta generando in Italia ondate di palpabile razzismo, che qualche anima candida confonde con il populismo. E tutto si poteva dire dell’Italia tranne che fosse un Paese razzista.”

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