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Gomorra in caserma

I fatti di Piacenza hanno inorridito, ma non scandalizzato. La teoria delle mele marce è stata accantonata già da tempo perché marcio sembra essere l’intero meleto. Un sistema organizzato, corporativo e chiuso che in maniera verticistica tace e protegge i propri membri. Succede così per la Polizia e per i camici bianchi, i colleghi dei medici indagati per fatti oscuri e criminosi preferiscono omettere o riportare versioni concordate. E’ il sistema aziendale, che ha trasformato scuole, ospedali e forze dell’ordine in operatori al servizio del guadagno, che giustifica l’azione indegna a favore dei numeri e nella caserma di Piacenza bisognava fare numero, ai vertici bastava questo, tutto il resto (spaccio, tortura, abuso di potere a tanto, tanto, tanto altro ancora) non aveva nessuna importanza.  «Pensano solo a fare tanti arresti» diceva al padre un giovane carabiniere esprimendo tutta la delusione per essere finito a lavorare in un ambiente in cui costantemente venivano calpestati i doveri delle forze dell’ordine. Un ambiente che era diventata la centrale di una piazza di spaccio che sequestrava e rivendeva, posava e picchiava gli ultimi. La caserma come Gomorra, cittadini intimiditi e umiliati, schiacciati da uno Stato che opera come l’antistato e si compiace nel farlo. Vasi di terracotta in mezzo a vasi di ferro i semplici cittadini devono sopravvivere in quella area grigia, che separa il bianco dal nero e che abbraccia vastissimi spazi perché Bene e Male si mischiano e perdono di ogni specifico significato.

Gabriella Grasso

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