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Per il C.G.A è illegittima la sospensione di un Dirigente comunale per infiltrazioni mafiose se il provvedimento non è adeguatamente motivato

In assenza di motivazione, il provvedimento di sospensione di un dirigente causato da infiltrazioni mafiose non sarebbe basato sulla “discrezionalità tecnica” ma sul mero arbitrio e sarebbe, pertanto, illegittimo. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia (sentenza n. 693/2019, depositata il 24 luglio 2019) ha annullato un provvedimento del Ministero degli Interni, per carenza di motivazione, con il quale era stata disposta la sospensione di un dirigente di un comune siciliano, per condizionamento mafioso. Secondo i giudici di appello, la Pubblica Amministrazione non può sottrarsi all’obbligo di esibire le ragioni esplicite della sospensione, anche se ciò potrebbe rilevare all’esterno atti riservati ed addirittura soggetti a segreto istruttorio.

In mancanza di una motivazione che esterni le condotte dalle quali è possibile trarre il convincimento razionale in merito alla pericolosità sociale di un soggetto o alla probabilità che egli compia attività delittuose o socialmente pericolose, il provvedimento di sospensione temporanea dalle funzioni di dirigente comunale è illegittimo, anche se adottato in base all’art. 143 del D.Lgs. n. 267/2000.

La proposta di scioglimento di un Comune e/o la sospensione temporanea dei dirigenti comunali dalle funzioni, non può basarsi su una motivazione sommaria (o incongrua) o puramente “apparente”.

L’ha stabilito il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, riformando la sentenza del Tar di Catania n. 533/2014 ed accogliendo il ricorso di un dirigente sospeso con Decreto del Ministero degli Interni, in forza dell’art. 143 del D. Lgs. n. 267/2000, sulla presupposta sussistenza dell’infiltrazione mafiosa nella gestione amministrativa del comune.

Secondo i giudici di seconda istanza, “nell’ordinamento italiano e negli ordinamenti democratici che hanno sottoscritto i trattati che sanciscono il valore e l’inviolabilità dei diritti fondamentali, i provvedimenti amministrativi – e massime quelli ablatori (compressivi della sfera giuridica soggettiva) ed a maggior ragione quelli di polizia – sono tutti recettizi “in quanto non possono non essere comunicati al destinatario, diretto interessato) e devono sempre essere motivati”.

Il C.G.A. non ha condiviso la tesi secondo la quale la ragioni dello scioglimento di un Comune e la connessa sospensione temporanea dei dirigenti dalle loro funzioni potrebbero essere contenute in una motivazione da non esibire, poiché potrebbe rilevare all’esterno atti riservati ed addirittura soggetti a segreto istruttorio.

E’ vero che lo scioglimento degli organi comunali e la sospensione temporanea dei dirigenti è una “misura di prevenzione” e, come tale, costruibile sulla scorta di meri indizi e di meri giudizi di probabilità ma, secondo il C.G.A., maggiormente la misura incide sui diritti di libertà e costituzionalmente garantiti, tanto più occorre che “il processo logico induttivo che conduce alla sua applicazione venga esternato e vengano descritte le condotte dalle quali si deduce la pericolosità sociale del soggetto e la probabilità che lo stesso compia attività delittuose o socialmente pericolose”.

Il provvedimento di scioglimento o di sospensione temporanea, pur avendo una funzione preminentemente preventiva, produce effetti afflittivi e comunque compressivi della sfera giuridica soggettiva e, pertanto, deve essere supportato da un’adeguata motivazione in ordine alle specifiche ragioni che l’hanno determinato.

Qualora l’Amministrazione procedente ritenga di dovere tenere segrete le ragioni di un provvedimento recettizio a contenuto compressorio di un diritto, è preferibile che eviti di adottarlo.

Dott. Luciano Catania fonte (La Gazzetta degli Enti Locali – Speciale Sicilia – Maggioli editore)

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