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Nicosia: Giornata di primavera del FAI. Aperto palazzo Cirino

pomo

Nicosia – Sabato 19 e domenica 20 marzo in occasione della GIORNATA DI PRIMAVERA DEL FAI (Fondo Ambiente Italiano) si potrà visitare Palazzo Cirino, con l’affresco di Natale Attanasio (“Il giudizio di Paride”) e la mostra delle “antiche macchine scrittorie”. 

Il grande salone del piano nobile – oggi adibito a sala riunioni dello studio dell’ Avv. Timpanaro – presenta sull’ampia volta reale l’affresco di Natale Attanasio “Il giudizio di Paride: il pomo della discordia” (1893).

L’attribuzione dell’affresco alla mano dell’Attanasio si basa non solo su considerazioni di carattere stilistico e pittorico, ma anche su prove di carattere storico specifico.

L’Avv. Timpanaro – nel corso delle sue ricerche – è riuscito ad acquisire la prova storico-documentale sia dell’attribuzione, che della datazione dell’opera. L’Attanasio, infatti, fu chiamato a dipingere un ritratto per una nobile nicosiana (Maria Cirino, nata nel 1884) ed eseguì l’affresco per i Cirino coevamente al ritratto (firmato) della giovinetta quattordicenne, quindi nel 1898, realizzando una delle più felici rievocazioni del genere mitologico, dandone un’interpretazione quanto mai fresca e viva e fornendo un chiaro esempio della sua sapienza compositiva.

Attanasio – felicissimo interprete della cultura, del gusto, del costume di una civiltà al culmine del suo sviluppo – accolse il repertorio mitologico tradizionale, che godeva di molta fortuna in tutta Europa, e lo adattò ai soffitti, sui quali le vedute dell’Olimpo davano occasione alle prospettive in pieno cielo, come nell’affresco nicosiano. Qui le figure, sebbene atteggiate nelle leziose e sentimentali pose, hanno forme quasi rigenerate dalla nitidezza del disegno e dalla luminosità del colore, dalla limpidezza e trasparenza dell’atmosfera circostante.

Si tratta di un vero capolavoro per l’estrema chiarezza, la semplicità, il perfetto equilibrio e l’armonia della composizione. I colori, variati e vivaci, contribuiscono in larga misura a valorizzare il disegno e l’estrema evidenza dell’azione e dei singoli protagonisti, mirabilmente individuati e identificati. Ogni figura è subordinata all’armonia generale e fusa in una visione organica, completa, perfettamente unitaria, che si articola in un ritmo fluido, continuo.

E’ compiutamente e felicemente realizzato l’ideale classicistico, l’incontro di Idea e Natura, in una rievocazione del mondo antico, che la vitalità dei personaggi e l’ariosa luminosità della scena rendono fantastico e reale al tempo stesso.

Al centro Paride, figlio di Ecuba e Priamo, re di Troia, tende il pomo della discordia a Venere, gesto che esprime con chiara evidenza la sostanza del mito: l’episodio del famoso giudizio da cui ha origine la guerra di Troia. Vi è un muto, ma eloquente dialogo tra Paride e Venere.

 La parte centrale dell’opera – delimitata da una cornice ove sembrano essere incastonati lapislazzuli blu – raffigura, secondo la più squisita iconografia classica, Paride mentre consegna il pomo a Venere (discinta, con un trasparente velo giallo che ne lascia intravvedere le fattezze), Minerva (con elmo, armata di lancia e con indosso un peplo di un bel color rosa pesca) e Giunone, di spalle, ornata di un meraviglioso drappo blu oltremare bordato di una fascia d’oro. Sullo sfondo il messaggero degli dei (un putto con una fiaccola in mano) e, lateralmente, un putto con un pavone (simbolo di Giunone) che mostra la coda di piume colorate, facendo la ruota.

Le figure di Venere, Minerva e Giunone, che si contendono il pomo della discordia, appaiono squisitamente femminili e delicate, affiancate ai lati dai due putti.

La decorazione pittorica della volta è inquadrata da fasce sottosoffitto, ricche di fregi. L’ampia cornice comprende, in ogni lato del soffitto, deliziosi pannelli con le quattro stagioni con coppie di putti.

Nei rispettivi angoli, in quattro tondi, volti femminili rappresentano i continenti (Europa, America, Africa e Asia; manca l’Australia). Particolare luminosità ed effetto trompe l’oeille offrono, inoltre, alcune figure di cariatidi ed elementi architettonici dipinti nel soffitto, che sembrano piuttosto sculture di gesso in rilievo.

In questo salone di rappresentanza vi era collocato, in una apposita nicchia, un piccolo altare – che è andato, purtroppo, perduto – decorato con lapislazzuli blu, che faceva pendant in tono con i decori delle cornici della sala; qui venivano recitati rosari, novene e celebrate cerimonie religiose riservate ai membri della famiglia.

Negli stessi ambienti notevoli le dorature delle porte e degli scuroni a foglia oro.

Natale Attanasio

Nato a Catania il 24 dicembre 1846, morì a Roma nel 1923, studiò all’accademia di Napoli, mandatovi dal Comune in riconoscimento dei suoi meriti artistici.
Fu allievo di Domenico Morelli (Napoli 1826-1901) dal 1874 al 1877 che lo avviò verso un’analisi di tipo romantico dei contenuti sociali, morali e religiosi (F. Grasso 1981, p.182) e collega e amico di Giuseppe Sciuti (1834-1911), il massimo pittore catanese.  Dopo essere stato a Portici, si trasferì definitivamente a Roma dove visse fino alla morte avvenuta nel 1923, e dove lasciò, assieme ad altre opere, le decorazioni per la sala di lettura del Senato (Palazzo Madama).
Prese parte a numerose esposizioni nazionali ed internazionali: Promotrici napoletane del 1875, 1876,1880,1882; Esposizione Nazionale di Napoli del 18887 con Ricchezze e miserie, Gulnara, Lacrime e delitti; Esposizione Nazionale di Torino del 1880 con le vittime e l’Accattone davanti alla Chiesa.
Partecipò inoltre alla mostra Artistica Industriale Didattica tenuta a Messina nel 1882 con alcuni dipinti indicati in catalogo come: La fattucchiera, Un comunardo, Ritratto d’un fanciullo, Ritratto di un gruppo a dimensioni naturali (oggi non rintracciabili).
All’Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92 presento: Bernardo Palissy (acquistato dal re Umberto I e oggi a Palermo presso l’Assemblea Regionale Siciliana); Lacrimae rerum ovvero la cappella del manicomio (Catania, Museo Civico di Castello Ursino) considerata la sua opera più rappresentativa.
Nel palazzo Comunale di Catania si trovano i ritratti di Umberto I° e di Margheria di Savoia; nella Chiesa di Santa Maria del Carmine, i quadri raffiguranti Sant’Elia che sale al cielo e La Fondazione dell’Ordine dei Carmelitani.
Nel 1892 espose Cucine economiche che fu acquistato dal Banco di Sicilia. Nel 1884 espose a Torino Le pazze che si trova ora a Castello Ursino.
Alla Galleria Nazionale di Catania si trova il quadro dal titolo Sunt lacrimae rerum, esposto a Palermo nel 1892.
Per l’esecuzione di questi due ultimi quadri, frequentò per un anno un manicomio, componendo centinaia di disegni.
Dipinse anche Filatrice e Vesuvio.
Fece il Ritratto della Marchesa Gravina e il Ritratto del generale Durando, acquistato dal Ministero della pubblica Istruzione.
Dipinse, inoltre: Ritratto del padre; Ritratto della moglie; Ritratto della figlia con ventaglio; la ciociara; Tentazioni di S. Girolamo; il cavallo e il bue; Giordano Bruno davanti al Sant’Uffizio; La premiazione; il pensiero dominante; le vittime; Ricchezza e miseria; l’orfana dell’Annunziata; una figlia dell’Etna; Bernardo Palissy; lacrime e delitti.
A Catania decorò il ridotto del Teatro Massimo Bellini; a Palermo, il Palazzo del principe di Montevago; a Nicosia il Palazzo Cirino con “il giudizio di Paride” (il pomo della discordia); a Roma, la Sala di lettura del Senato. Affrescò anche l’abside della Chiesa del Carmine , di Catania. Eseguì anche il ritratto di Mario Rapisardi, che si trova nella casa del poeta catanese

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