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Il ricordo di Tommaso Guarino, di Paolo Di Marco

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Caro amico mio sei volato in cielo ed hai lasciato dentro di me un vuoto incolmabile, quello che sono soliti lasciare solo gli amici veri. E noi siamo amici veri.

Pensandoti non riesco a scrivere al passato, sei stato sempre il mio presente fin da quando giovanissimi cominciavamo a frequentare le prime riunioni politiche. Poi una gran bella esperienza nelle Acli. Da qui in poi abbiamo percorso due strade diverse ma parallele, io al Giornale di Sicilia, tu alla Cisl.

Seguendo le tue battaglie so bene quale dirigente e combattente di razza sei. L’ultima, una grande intuizione: tramutare il tavolo per la difesa della Prefettura in cabina di regia per lo sviluppo in provincia. Il sindaco Maurizio Dipietro colse al volo il lampo del mio amico Peppe e gli consegnò, di fatto, le chiavi. La malattia però incombeva infida e malefica.

Caro amico mio hai avuto purtroppo troppo poco tempo per realizzare il tuo sogno: concorrere a dare uno sviluppo vero alla tua terra.

Chi non mi conosce penserà magari “ma che amico è colui che sbaglia il nome di chi scrive?”. Tu sorridi, sai bene che per me sei stato sempre Peppe e non Tommaso e lo sei anche nell’agenda telefonica del mio cellulare. Un numero che non cancellerò mai pur sapendo di non sentirti più allo squillo.

Scrivo mentre fuori piove, quasi che il cielo voglia dare corpo alle lacrime della mia anima.

Già mi mancano le tue telefonate la domenica mattina per fare quattro chiacchiere al viale Diaz. O le passeggiate in macchina senza una meta ben precisa, così tanto per parlare. Per verificare fra di noi quello che stava accadendo nel mondo politico ennese. Tu alla guida, io di lato e Mariano, tuo fratello, di dietro. Quanti chilometri abbiamo fatto così.

Mi fa male pensare che non ci sei più.

Caro amico mio ti saluto. Il groppo alla gola è tremendo. Non ti voglio ricordare, chiudo gli occhi e ti vedo sempre sorridente così come ti ho conosciuto per tanti anni, sicuramente pochi.

Ciao Peppe.

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