Cronaca

Basta con gli stipendi d’oro ai boiardi di stato!

Manager Rai

   Seppure il governo Monti abbia deliberato un tetto massimo di 240 mila euro per i dirigenti pubblici, parecchi dirigenti e manager Rai, tra cui alcuni senza attività, continuano, contravvenendo alla legge e ad ogni regola di decenza pubblica e privata, a percepire stipendi d’oro che non hanno riscontro in nessun Stato democratico.

   Antonio Campo Dall’Orto, dal 6 agosto 2015 direttore generale della Rai, percepisce uno stipendio annuo di 650 mila euro, sei volte superiore a quello di Matteo Renzi e di circa tre volte rispetto a quello di Sergio Mattarella, la massima carica dello Stato, mentre a tanti cittadini stanno arrivando le bollette Enel dove è riportato il canone Rai anche per case senza televisori, seconde case intestate a parenti morti o a componenti del nucleo familiare provvisoriamente ivi domiciliati.

  Il direttore generale e la presidente Rai Monica Maggioni, in carica dal 5 agosto 2015 e con uno stipendio annuo di 336 mila euro, dicono che stanno lavorando per “individuare fasce che evitano la disparità tra ruolo e compenso” e questo l’hanno detto per giustificare la loro inerzia e soltanto dopo che il Fatto Quotidiano ha pubblicato l’elenco degli stipendi d’oro in Rai, di cui ben 94 superano i 200 mila euro annuali, quando la gente comune, di cui milioni con pensioni da fame che non superano nemmeno le cinquecento euro mensili, si vede estorcere un canone di 100 euro per il solo fatto di avere un contatore elettrico e la pensione incanalata su un conto corrente.

   L’Agenzia delle Entrate dice che ha accolto quasi un milione di domande di esenzione del canone ma non dice che vanno fatti gli accertamenti a tappeto per accertare i veri evasori che in Italia non dichiarano e non pagano mai nulla, per verificare l’effettiva esistenza del televisore in quelle secondo case sfitte dove esiste soltanto un contatore, per le quali già si pagano la spazzatura, l’acqua, l’Imu, la Tasi al massimo delle aliquote e le spese cicliche di manutenzione.

   Perché deve continuare questa condizione di perenne ingiustizia sociale, di permanenza di cittadini di serie A e cittadini di serie B, con questi ultimi spesso ridotti a sudditi perché governati da politici corrotti, alla ricerca del proprio interesse personale, dei loro stretti parenti e degli amici più cari, spesso compromessi con i poteri forti che detengono il potere economico e sociale del nostro Paese.

   Questo modo distorto di governare la res pubblica nasce dal fatto che dall’Unità d’Italia manca il senso dello Stato, quella cultura di governo che equipara senza privilegio alcuno i cittadini di ogni paese e condizione sociale. Storicamente in Italia sono esistite le Città – Stato, una contro l’altra armate e questo spirito divisorio e qualunquista è rimasto predominante nella mentalità del popolo e dei governi italiani. Da diversi decenni, manca anche il senso morale nella vita pubblica e privata, vale a dire, l’onestà e il rispetto del bene collettivo, il riconoscimento del merito e della capacità personali, necessari a salvaguardare la civiltà di una Nazione che si fonda sulla libertà e democrazia e ambisce al progresso sociale ed economico di tutti i suoi cittadini.

   Se questi valori e principi universali del vivere collettivo continuano ancora ad essere ignorati e spesso impunemente calpestati, non ci sarà e non ci potrà mai essere in Italia, nemmeno nell’amata, da lungo tempo dimenticata, Sicilia, un governo che tutelerà l’interesse collettivo.

   A questo punto è urgente e necessario che ci sia un cambiamento del modo di gestire la cosa pubblica. Se il governo in carica e nemmeno il prossimo inizieranno a farlo, in avvenire non ci saranno di sicuro le condizioni e il tempo per mantenere la libertà e la democrazia conquistate con sacrificio e lotte di popolo dai nostri predecessori.

Giuseppe Sammartino

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