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Qualcuno si chiede cosa resta del 25 Aprile 1945 di Franco Santangelo

Regalbuto: I testimoni diretti di questa pagina di storia, che si lascia alle spalle già ben 72 anni, ogni giorno sono sempre di meno, volatilizzandosi lasciano, così, lo scenario politico italiano che rimane senza i protagonisti veri della resistenza. La mia convinzione è quella che rimane ben poco di una data storica, come il 25 Aprile 1945. Non si tratta solo di essere antifascista perché, oggi, all’interno delle famiglie ciò viene percepito come un qualcosa di superato, di cui noi giovani, in passato, ricevevamo lezioni (racconto orale) solo da parte dei superstiti, di quei protagonisti che sopperivano alla funzione istruttiva ed educativa della scuola, ma che ancora rimaneva nelle mani di chi aveva cambiato camicia, sottraendo all’insegnamento scolastico, fino agli anni 70, quel periodo storico che aveva rappresentato per l’Italia il momento clou di maggiore rottura politica e frattura culturale. Fu così che la storia, con la “S” maiuscola, finì per diventare un qualcosa di cui disfarsi, lasciando monca la preparazione culturale dei giovani, i quali ancora non si accorgono che ieri come oggi il fascismo è il braccio violento delle classi dominanti, i quali insegnano solo a defraudare i deboli. Se è vero che la storia viene insegnata a scuola è anche vero che la memoria si costruisce giorno dopo giorno, una scelta che tutti noi, da cittadini civili, dovremmo fare, cioè tenere sempre teso quel filo di congiunzione che tiene legata una generazione all’altra, con i ricordi storici che è necessario tramandare. La memoria non è il luogo dove collocare tutto ciò che l’uomo ha rottamato, ma è ciò che fa una continua ricostruzione e rielaborazione dell’accaduto, che ognuno, nella propria individualità, è chiamato a rinnovare in senso positivo, libertario e democratico, in modo da riconoscere subito nuovi carnefici, che hanno il solo obbiettivo di togliere ogni speranza utile ed efficace per l’uomo e per l’umanità. Essere antifascisti oggi vuol dire che la soluzione alla crisi italiana non si risolve in una lotta fra poveri, ma unendosi contro chi l’ha causata e contro chi vuol metterci l’uno contro l’altro, contro chi, con la precarizzazione del lavoro e sfruttando territorio e persone, vuole illudere che, così facendo, risolve i problemi dello Stato. Spesso si ha l’impressione che la storia si ripeta, infatti notiamo che la Germania di oggi dia lezioni di economia alla comunità europea con la volontà di sottometterci, richiamando alla memoria la Germania di ieri quando, l’indomani della fine dell’incubo nazista, compiva stragi durante la ritirata, chiamandoci persino traditori e lasciando nelle campagne un acre odore di sangue per le tante vite umane sacrificate. Anche nella nostra Regalbuto, lungo il percorso che la congiunge ad Agira, le vite umane immolate furono molte fra soldati canadesi e maltesi e, per le continue incursioni aeree, molte vite di civili furono distrutte, tanto che ancora oggi vengono ricordate con una giornata a loro dedicata,  mentre i militari furono raccolti e seppelliti vicino al luogo dove erano caduti, precisamente nel cimitero dei canadesi in territorio di Agira. La nostra Regalbuto ci lascia memoria, dei seguenti personaggi, che hanno onorato l’Italia e che sarebbe giusto ricordare perché lottarono per un mondo migliore, per restituire diritti e affinché quella sporca guerra finisse: Riccardo Lombardi (Capo partigiano e membro del CLNAI), Don Giuseppe Campione (Perseguitato), Vito Castiglione (Partigiano, decorato al valore della Resistenza), Vito Palazzolo (Partigiano, decorato al Valore della Resistenza),  Vincenzo  Gamiddo  (Partigiano, Trucidato dai nazifascisti – decorato al valore della resistenza). La nostra città ha svolto, quindi, un ruolo centrale non solo con la presenza di regalbutesi nelle Forze Armate ma anche con i Partigiani, a dimostrazione che i principi di libertà trovarono riscontro nel tessuto sociale di essa. In questo momento il germe dell’antipolitica, diffuso a livello nazionale, favorisce il manifestarsi di idee strane, con la complicità, nemmeno troppo velata, di una parte della classe politica locale; voglio sperare che sia giunto il momento di voltare pagina e invertire rotta nel rispetto di un passato politico costruito da uomini che, con amore, cercavano libertà e non odio.
Dott. Franco Santangelo
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