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I Comuni devono soccorrere i padri separati

La famiglia separata è una realtà sociale che investe il nostro Paese e crea una vera e propria emergenza. Secondo i dati dell’Istat (2012) ogni 1.000 matrimoni celebrati nel nostro Paese, 311 finiscono con una separazione e 174 con un divorzio e chi ne fa le spese sono di norma i padri. Il baratro in cui finiscono tanti padri separati è ribadito anche dall’ultima indagine del Centro studi e ricerche sulla famiglia dell’UniversitàCattolica: segnala che un terzo dei padri separati, pagato l’assegno di mantenimento a ex mogli e figli, può contare su un reddito residuo che va dai 300 ai 700 euro netti mensili. Il 17% deve accontentarsi di una cifra che oscilla dai 100 ai 300 euro. Ma c’è un 15% cui restano in tasca meno di 100 euro al mese.
Secondo l’Istat, nel 2012 (ultimo dato disponibile) la media degli assegni di mantenimento di una ex moglie era di 496 euro mensili lordi, quello di un figlio 521 euro. Dati comunque alti, ma sicuramente inferiori a quel che è la media reale, visto che l’Istat segnala in nota di avere considerato “solo gli importi mensili pari o superiori a 25 euro e inferiori a 10 mila euro”, il che di fatto significa avere imposto l’eliminazione dalla statistica dei soli assegni più elevati.
Questa grave situazione ricade sui Comuni che vengono chiamati a risolvere concretamente i problemi economici e di gestione dei servizi sociali i quali affrontano le diverse problematiche di affidamento dei minori con strutture oramai al collasso istituzionale che fanno più danni che servizi. “Bisogna prendere coscienza del problema”, affermano gli Avvocati Ivano Giacomelli e Manfredi Zammataro rispettivamente segretario nazionale e regionale del CODICI – Centro per i Diritti del Cittadino, “e cercare delle soluzioni, per questo facciamo appello ai candidati di prevedere l’istituzione di una consulta presso l’assessorato che sarà dei servizi sociali come segnale di attenzione a questa nuova emergenza”.
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