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Giornalisti pubblico impiego, previsto profilo professionale nell’atto ministeriale d’indirizzo

L’atto di indirizzo della ministra Madia sui profili professionali dei giornalisti nel pubblico impiego è una buona notizia, attesa da 17 anni, e un buon risultato della Fnsi. Si creano le condizioni affinché si sblocchi una situazione vergognosa e si apre finalmente una prospettiva per tantissimi colleghi in attesa del riconoscimento dei loro diritti.
Vedremo nei prossimi giorni, alla ripresa della contrattazione per i quattro settori della pubblica amministrazione, quale sarà la reazione dell’Aran al documento della ministra. È lecito attendersi la convocazione della Fnsi e ciò sarebbe un buon segnale dopo che per anni l’Agenzia ha fatto orecchie da mercante alle tante richieste dei giornalisti e si è opposta ad ogni ipotesi di ammissione al tavolo del nostro sindacato, disattendendo persino una sentenza del tribunale di Roma.
Intanto, però, è meglio non cantare vittoria. Anche perché l’atto di indirizzo, così come riportato nel sito della Fnsi, appare troppo generico, per non dire lacunoso, almeno nel passaggio fondamentale. In esso, infatti, si parla di profili professionali ma non si fa alcun riferimento al contratto di lavoro giornalistico. In quale quadro si vogliono inserire le qualifiche degli addetti stampa pubblici? In quello proprio della nostra professione, come avviene già per tanti colleghi in Italia, oppure l’Aran si limiterà a proporre solo una più puntuale determinazione delle qualifiche ma applicate al contratto del pubblico impiego che già prevede al suo interno la figura del giornalista?

In Sicilia dal 2007 l’unico accordo sulle qualifiche professionali, sottoscritto con Regione e Anci

Sull’applicazione del contratto Fnsi-Fieg negli uffici stampa pubblici la Sicilia, grazie all’azione dell’Assostampa e del Gus, ha fatto da apripista sin dal lontano ’96, con la legge 33, ma ancor di più con l’accordo del 2007 sulle qualifiche professionali sottoscritto con Regione, Anci e Urps: l’unico finora esistente in Italia mentre qualcuno altrove vanta primogeniture per successivi protocolli d’intesa firmati a livello nazionale e regionale. Un accordo sindacale di secondo livello che già 10 anni fa venne pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Regione siciliana. Come dimostrano le sentenze favorevoli ottenute da diversi colleghi per il riconoscimento delle qualifiche e del contratto, quella siciliana potrebbe essere per il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, un’esperienza positiva della quale fare tesoro nell’imminente confronto con l’Aran.

Altra questione è quella dei comparti. Quante tipologie di addetti stampa hanno in mente la ministra e l’Aran? Una uguale per tutti o tante quante sono i comparti? Ci saranno differenze, ad esempio, tra un giornalista delle Funzioni centrali e uno delle Autonomie locali?
Sono aspetti decisivi e i nostri vertici federali devono avere idee chiare rispetto agli obiettivi che intendono raggiungere. Perché sul tavolo c’è sì la posizione dei colleghi che aspirano ad avere un contratto di lavoro giornalistico ma c’è pure quella di chi gode – com’è giusto che sia – del Cnlg e non può vedere messi in discussione diritti acquisiti già da tanto tempo, alcuni dall’entrata in vigore della legge 150, cioè da 17 anni.
Parlando con i colleghi ho colto, in questi giorni, sentimenti diversi. C’è chi è soddisfatto perché siamo usciti da una non più sopportabile posizione di stallo; e c’è chi, più pessimisticamente, pensa che non si arriverà all’applicazione del contratto giornalistico nel pubblico impiego e che al massimo strapperemo il versamento dei contributi all’Inpgi, risultato per altro minimo poiché ciò dovrebbe avvenire sin dai tempi del decreto Maroni del 2003.

Io penso che bisogna stare con i piedi ben saldi a terra, analizzare ogni singola mossa e vedere le carte della controparte (non solo l’Aran, dato che neppure la Triplice ci è stata vicina in questi lunghi anni).

Le variabili in gioco sono tante e tante le incertezze. C’è da superare la granitica diffidenza dei burocrati che avvertono i giornalisti come un corpo estraneo alla pubblica amministrazione; soprattutto bisogna imporre l’idea che gli addetti stampa pubblici non sono funzionari ma sono professionisti (cioè iscritti a un ordine professionale) portatori di specifiche competenze e chiamati a rispettare regole deontologiche.

Da questi passaggi scaturiscono altre conseguenze come l’applicazione del contratto di lavoro – che non può essere quello del pubblico impiego – e l’unicità della figura giornalistica, che non è diversa a seconda dei comparti ma che, certo, può far valere competenze specifiche in termini di titoli e non di requisiti.
Sono difficoltà che in Sicilia sperimentiamo ogni giorno. Accade ancora oggi nonostante l’accordo del 2007 abbia retto in diversi tribunali e, in un caso, anche in Corte di cassazione. Resistenze troviamo, ad esempio, nella Sanità e ciò deve fare riflettere sulle difficoltà che si potranno incontrare in sede di contrattazione per singoli comparti.
Ci accorgeremo, suppongo, che i 17 anni trascorsi hanno finito col complicare il quadro generale perché il contratto Fnsi-Fieg è stato applicato a macchie di leopardo e non sempre in maniera integrale. Il segretario Lorusso e la nostra delegazione trattante saranno chiamati ad affrontare uno sforzo aggiuntivo poiché dovranno conciliare diverse esigenze facendo attenzione a non compiere passi indietro rispetto a quanto è stato conquistato ed è ormai consolidato in sede locale.
Far pagare ai giornalisti i ritardi causati da chi ha provato a ridurne i diritti vorrebbe dire aggiungere la beffa al danno.

Francesco Di Parenti
Presidente Gus Sicilia

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