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Regione siciliana. A proposito dei principi di contabilità finanziaria e dell’esercizio provvisorio 2016

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1 Il sistema contabile e di bilancio delle Regioni, sancito dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e s.m.i., è caratterizzato dal rafforzamento della valenza programmatoria del bilancio di previsione, almeno triennale, attraverso il riconoscimento della natura autorizzatoria alle previsioni di tutti gli anni compresi nel periodo di riferimento.

Quanto prospettato trova conferma, come meglio si vedrà, oltre che all’art. 43 del d.lgs. n. 118 del 2011 e s.m.i, al punto 8.1 del principio contabile applicato della contabilità finanziaria (allegato 4/2 del decreto) ed al punto 9.5 del principio contabile applicato concernente la programmazione di bilancio (allegato 4/1 del d.lgs. n. 118 del 2011), a norma del quale, in caso di esercizio provvisorio, la gestione è effettuata sulla base degli stanziamenti di spesa iscritti, nell’ultimo bilancio di previsione approvato, per l’esercizio cui si riferisce l’esercizio provvisorio.

Ne discende che le modalità di gestione dell’esercizio provvisorio predisposte per superare il problema dell’assenza di un bilancio di previsione approvato per l’esercizio in corso, postulano il riferimento alla seconda annualità considerata nel bilancio precedentemente approvato.

2. Con la l.r. 31 dicembre 2015, n. 32, su proposta della Giunta regionale, l’Assemblea regionale siciliana ha approvato le previsioni recanti “Autorizzazione all’esercizio provvisorio del bilancio della Regione per l’esercizio 2016″.

In particolare ai sensi dell’art. 1 della citata legge il Governo è stato “autorizzato ad esercitare provvisoriamente, fino a quando non sarà approvato con legge regionale e comunque non oltre il 29 febbraio 2016, lo schema di bilancio annuale della Regione per l’esercizio finanziario 2016, secondo gli stati di previsione dell’entrata e della spesa ed il relativo disegno di legge approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 317 del 21 dicembre 2015 nonché secondo la nota di variazioni contenente gli effetti della presente legge”.

Tale autorizzazione, per espresso riferimento della norma appena richiamata, è intervenuta ai sensi e per gli effetti “dell’articolo 43 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modifiche ed integrazioni e delle disposizioni contenute nel punto 8 dell’Allegato 4/2 al medesimo decreto legislativo n. 118/2011″.

Giova ricordare che la norma del d.lgs. n. 118 del 2011 e s.m.i. richiamata dalla disposizione in argomento prevede, con riguardo all’esercizio provvisorio ed alla gestione provvisoria che “1.Se il bilancio di previsione non è approvato dal Consiglio entro il 31 dicembre dell’anno precedente la gestione finanziaria dell’ente si svolge nel rispetto dei principi applicati della contabilità finanziaria riguardanti l’esercizio provvisorio o la gestione provvisoria”.

Da ciò discende che “l’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi, nei modi, nei termini e con gli effetti previsti dagli statuti e dall’ordinamento contabile dell’ente”. Si prevede altresì, con una norma che fuga ogni possibile dubbio, che “nel corso dell’esercizio provvisorio non è consentito il ricorso all’indebitamento”.
Il nuovo regime, pur in buona parte coincidente con quello previgente, ha comunque sostituito la previsione alla stregua della quale l’esercizio provvisorio del bilancio della Regione potesse essere autorizzato in base al bilancio di previsione e al relativo disegno di legge presentato dal Governo. Secondo la previgente normativa in regime di esercizio provvisorio, su ciascun capitolo di spesa del bilancio presentato per il nuovo esercizio, era consentita “l’assunzione di impegni ed i relativi pagamenti per un ammontare non superiore a tanti dodicesimi quanti sono i mesi dell’esercizio medesimo” con l’espressa eccezione per le spese fisse, quelle obbligatorie e le spese “derivanti da obblighi contrattuali assunti nei precedenti esercizi, nonché alla gestione dei residui” (art. 44, l.r. n. 47/77).

Tale sostituzione si fonda sulla scelta del legislatore regionale di recepire, pedissequamente ed integralmente, le norme del citato d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi in violazione del prescritto ricorso alla normativa di attuazione dello Statuto, presumibilmente accondiscendendo ad una richiesta dell’amministrazione governativa statale.

Ed infatti, con l’art. 11 della l.r. 13 gennaio 2015, n. 3, giusta il precipuo obiettivo di garantire i processi di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio e nelle more che fossero definite, in conformità con lo Statuto regionale, mediante le procedure di cui all’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, decorrenza e modalità di applicazione delle disposizioni del citato d.lgs. 23 giugno 2011, n.118 e s.m.i. – ma non risulta in tal senso che nulla sia stato posto in essere dalla competente Commissione paritetica, da quattro anni sostanzialmente inattiva – alla stregua di quanto previsto dall’art. 79 del medesimo decreto legislativo, “a decorrere dal 1° gennaio 2015 la Regione e gli enti di cui all’art.1 del predetto decreto legislativo n. 118/2011 e successive modifiche ed integrazioni, applicano le disposizioni del medesimo decreto legislativo n.118/2011e successive modifiche ed integrazioni, finanziario e contabile di Regioni ed enti locali”.

Sull’applicazione piena della normativa del 2011 l’Assessorato regionale per l’economia ha diramato molteplici circolari ed, in particolare, la n. 6 del 11 febbraio 2015, la quale ha precisato che, con riguardo all’ordinamento contabile della Regione siciliana, vanno applicate anche le previsioni transitorie di cui all’art. 11 del menzionato d.lgs. n. 118 del 2011 e s.m.i.

Tali disposizioni sanciscono, segnatamente per il 2016, che “in caso di esercizio provvisorio o gestione provvisoria nell’esercizio 2016 gli enti di cui al comma 1 gestiscono gli stanziamenti di spesa previsti nel bilancio pluriennale autorizzatorio 2015 – 2017 per l’annualità 2016, riclassificati secondo lo schema di cui all’allegato 9″.

Si tratta, quindi, di una previsione del tutto peculiare e contestualizzata (relativa al solo esercizio 2016), ma non derogabile dallo stesso legislatore che ha inteso armonizzare l’ordinamento contabile regionale con quello statale.

3. Alla stregua del quadro normativo generale, quindi, l’esercizio provvisorio impone di gestire gli stanziamenti non secondo il d.d.l. di bilancio 2016 approvato dalla Giunta regionale, come sancito dall’art. 1 della l.r. n. 31 del 2015, ma in considerazione degli stanziamenti di spesa previsti nel bilancio pluriennale autorizzatorio 2015 – 2017 per l’annualità 2016.

Ebbene, in termini generali, giova sottolineare che con la modifica introdotta dalla l. cost. 20 aprile 2012, n. 1, art. 3, comma 1, lett. a), l’armonizzazione dei bilanci pubblici viene ricompresa nella competenza esclusiva dello Stato dall’esercizio finanziario 2014 (art. 6, comma 1).

Sicché, se ed in quanto la Ragione si è unilateralmente uniformata al regime contabile sancito dal citato d.lgs. n. 118 del 2011 e s.m.i. e pur di fronte alla deprecabile situazione nella quale sino ad oggi non siano state varate le necessarie norme di attuazione dello Statuto in materia, non può revocarsi in dubbio che la stessa non può decidere di modificare l’ordinamento recepito, nonostante lo abbia fatto con legge regionale (quella con la quale è stato approvato l’ultimo esercizio provvisorio) senza impingere sui principi declinati in materia dalla Corte costituzionale.

Quest’ultima ha di recente precisato che alla stregua della previsione dell’art. 27 della legge n. 42 del 2009 le autonomie speciali concorrono agli equilibri della finanza pubblica sulla base del principio dell’accordo “secondo criteri e modalità stabiliti dalle norme di attuazione dei rispettivi statuti” si giustifica nel presupposto che una siffatta previsione non sarebbe necessaria se le fonti dell’autonomia speciale avessero già provveduto a disciplinare la materia, recependo il principio dell’accordo in forme opponibili al legislatore ordinario (sentt. n. 82 del 2015 e n. 23 del 2014) ed in ossequio al generale principio di leale collaborazione che trova applicazione anche in materia finanziaria.

Tale principio, secondo la richiamata giurisprudenza costituzionale, richiede “un confronto autentico, orientato al superiore interesse pubblico di conciliare l’autonomia finanziaria delle Regioni con l’indefettibile vincolo di concorso di ciascun soggetto ad autonomia speciale alla manovra di stabilità” con la conseguenza che esso impone alle parti coinvolte un preciso dovere di collaborazione e di interlocuzione, articolato in fasi dialogiche necessarie (sul punto, da ultimo, si veda la sent. n. 19 del 2015).

La norma citata della disciplina del federalismo fiscale – da qui il vulnus derivante dal mancato adempimento al rispetto dello Statuto siciliano – pone una riserva di competenza a favore delle norme di attuazione degli statuti speciali per la modifica della disciplina finanziaria degli enti ad autonomia differenziata (sent. n. 71 del 2012), in guisa da configurarsi quale presidio procedurale della specialità finanziaria di tali enti (sent. n. 241 del 2012), tuttavia la stessa avendo rango di legge ordinaria, risulta derogabile da atti successivi aventi pari forza normativa; sicché, specie in un contesto di grave crisi economica, “il legislatore può discostarsi dal modello consensualistico nella determinazione delle modalità del concorso delle autonomie speciali alle manovre di finanza pubblica” (sent. n. 193 del 2012), fermo restando il necessario rispetto della sovraordinata fonte statutaria (sent. n. 198 del 2012).

Nella fattispecie in esame, invero, ci si trova di fronte ad un legislatore regionale erratico, se non contraddittorio, che, da un lato, corre a recepire pedissequamente le norme statali sull’armonizzazione contabile al di fuori dei meccanismi procedurali derivanti dall’autonomia speciale e dalle previsioni generali sul federalismo fiscale, dall’altro poi (alla bisogna) deroga quando meglio conviene (come con la citata l.r. n. 31 del 2015 i cui si contesta la legittimità).

Si tratta di scelte legislative adottate in spregio allo Statuto regionale ed alla normativa di armonizzazione dei sistemi contabili.

Sempre secondo il Giudice delle leggi – prospettiva interpretativa peraltro condivisa dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti in occasione degli ultimi referti sulla finanza regionale presentato al Parlamento – la salvaguardia del principio del coordinamento della finanza pubblica, può trovare una concreta declinazione solo in una disciplina contabile unitaria (in particolare si v. sentt. nn. 4/2014, 19/2014, 40/2014) e l’introduzione nel d.lgs. 118 di una compiuta disciplina dell’ordinamento finanziario e contabile delle regioni impone, coerentemente, di concludere per “la cessazione della loro competenza normativa di rango primario”.

In tale prospettiva l’armonizzazione dei bilanci pubblici non può che essere funzionale al coordinamento della finanza pubblica, di tal che, se è pur vero che l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, attribuiva alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni l’armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, con conseguente riconoscimento di uno spazio di autonomia legislativa regionale nel rispetto dei principi fondamentali, risulta parimenti incontestabile che il principio supremo del coordinamento della finanza pubblica “richieda sotto il profilo eminentemente tecnico modalità di rappresentazione contabile univoche”, in guisa da comprimere, proprio per la grave carenza delle norme di attuazione dello Statuto di autonomia, l’esercizio della potestà legislativa regionale.

Orbene, come da ultimo osservato, “non sarebbe coerente con i principi della riforma – le cui disposizioni costituiscono un insieme connesso e unitario – introdurre elementi di disomogeneità nell’ambito dei previsti procedimenti”, ciò anche alla luce della peculiare circostanza che “l’introduzione della nuova disciplina contabile per la Regione siciliana deve ritenersi già realizzata con l’emanazione di apposite disposizioni contenute nelle leggi regionali rivolte a stabilire una graduazione temporale dell’avvio della contabilità armonizzata, recepita con rinvio dinamico alla disciplina nazionale”.
Deve pertanto concludersi che, pur nel contesto di un frammentario e carente quadro normativo, la Regione siciliana non possa legiferare modificando l’ordinamento finanziario e contabile scaturente dal più volte richiamato d.lgs. n. 118 del 2011 e s.m.i., con la conseguenza di dover considerare illegittimo l’esercizio provvisorio approvato dall’Assemblea regionale siciliana siccome proposto dalla Giunta regionale in violazione delle menzionate disposizioni del d.lgs. n. 118 del 2011 e s.m.i.

di Gaetano Armao
Docente di contabilità pubblica nell’Universita di Palermo

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