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“Quo vado”, il ritratto di una società in crisi bisognosa di un diverso futuro

zalone

Da oggi La Gazzetta Ennese ha il piacere di iniziare la collaborazione con il Prof. Giuseppe Sammartino, giornalista pubblicista, docente e Dirigente Scolastico in quiescenza, ospitando i suoi editoriali.

   Con il film Quo vado, campione di incassi al botteghino, Checco Zalone ci da l’identikit di un giovane cresciuto con il mito del posto fisso, accasato presso i genitori, servito e riverito dalla madre e dall’eterna fidanzata che non ha alcuna intenzione di sposare, che è disposto, pur di non lasciare il suo posto fisso, ad andare sino in Norvegia.  

   Quo vado è lo specchio d’una società in crisi, piena di molteplici insicurezze, che costringe i giovani a rimanere arroccati in casa come ultimo e sicuro baluardo della loro sopravvivenza, ad avere paura di abbandonare le comodità familiari non sapendo dove andare (Dove vado, appunto!) non avendo, in alternativa al posto fisso, un’altra possibilità di lavoro che gli possa garantire un sereno futuro o almeno il mantenimento dello status quo.

  La Prima Repubblica, sorta dalle ceneri della seconda guerra mondiale, con una classe dirigente in maggioranza ancora vocata al bene pubblico, ha avuto tra i suoi protagonisti dei giovani, che, seppure da analfabeti e di povere condizioni economiche, non hanno avuto paura di lottare e rischiare in prima persona per raggiungere una posizione sociale ed economica migliore di quella precedente.  

   La cosiddetta Seconda Repubblica, invece, sopravvissuta a lungo con un ceto governativo, tranne pochissime eccezioni, di scarso livello culturale e pessima capacità amministrativa, che, per sua comodità e specifico interesse degli amici e suoi familiari, ha convissuto e spesso favorito la corruzione, il latrocinio e il servilismo generalizzati, vede come artefici del loro destino giovani che  in maggioranza non studiano e nemmeno lavorano e tra divertimenti, consumo di alcol e spesso anche di droga, sopravvivono coi risparmi dei loro genitori, la cui minoranza, spesso parte migliore e più competente di essi, è costretta ad emigrare per dare uno scopo, una dignità e uno sbocco lavorativo allo studio e a tantissimi loro sacrifici.

   Questa situazione di stagnante crisi socio-economica dell’Italia, che per alcuni decenni si è basata prevalentemente sul mantenimento del posto fisso quale garanzia di un futuro fine vita per i loro beneficiati, spiega in gran parte il successo del film Quo vado, che riflette le aspirazioni, il modo di essere e di vivere dei giovani d’oggi, che, con i cellulari e i social network come tratti distintivi della loro personalità, stanno crescendo insicuri e asociali, privi di ideali e sani principi morali, con la prospettiva, in mancanza di iniziative proprie e originali, di ritardare ancora per tanti altri anni il loro avvenire.

   La fine del mito del posto fisso deve essere motivo di rinascita del nostro Paese e di cambiamento del modo di agire dei giovani affinché si aprano al mondo sociale e riscoprano in prima persona, anche con l’aiuto – perché no! –  dei loro genitori o di chi gli vuole veramente bene, sulla scia finale del film Quo vado, “i piaceri e le responsabilità di una vita civile” degna di essere pienamente vissuta.

   Ulteriori indugi e altri ritardi da parte di loro e della società in generale non sono più consentiti!

   E’ giunto il momento di voltar pagina e intraprendere un cammino comune di impegno sociale e politico, pena la perdita della convivenza civile necessaria e utile per andare avanti e non far morire la speranza in un futuro migliore e più giusto per tutti.

   Prof. Giuseppe Sammartino  

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