Cronaca

Anziani, picciotti e donne di mafia: retata dei Carabinieri con 25 arresti

Gli arresti sono venticinque. In carcere finiscono vecchie conoscenze degli investigatori – compresa una donna di mafia – e tante nuove leve che si occupano di pizzo e danneggiamenti.

Le indagini della Procura della Repubblica e dei carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Palermo fotografano il tentativo di serrare i ranghi dopo il blitz Apocalisse che azzerò la cosche di  Resuttana e San Lorenzo. “Ne mancano cento”, dicevano nelle intercettazioni, facendo riferimento a tutti coloro che sono stati arrestati.

Maria Angela Di Trapani

In cella torna Mari Angela Di Trapani, che aveva già trascorso sette anni in carcere. Libera dal 2015 per fine pena. È figlia e sorella dei boss Cicco e Nicolò Di Trapani, nonché moglie di Salvino Madonia, ergastolano per una serie di omicidi fra cui quello dell’imprenditore Libero Grassi, simbolo di una lotta al racket pagata con la vita. Ed è proprio perché smistava gli ordini del marito capomafia detenuto al carcere duro che la donna era stata arrestata nel 2008. Il ruolo della Di Trapani conferma che il peso dei Madonia nel clan continua ad essere forte.  La donna, come spiegava il fratello, è stata artefice del proprio destino: “Mariangela ha sofferto da picciridda… a scuola non c’è più andata per amore di mio padre e di me… perché se ne è voluta venire con noi”. Un destino che l’ha condotta fino ad avere un ruolo chiave nella nuova mafia.

Arrestato pure il settantenne Vincenzo Di Maio, altra vecchia conoscenza. Di lui ha parlato di recente il pentito dell’Acquasanta Vito Galatolo: “C’era Antonio Pipitone, la gestiva lui. Però Vincenzo Di Maio si gestiva anche l’Acquasanta, incontri interni, perché Antonio Pipitone si manteneva sempre più distante per avere contatti con esponenti a livello imprenditoriale, costruttori, perché loro avevano con suo cognato, Masino Cannella, uomo d’onore della famiglia di Prizzi, gestivano la calcestruzzi di cemento, e lui si gestiva di più questo lato economico, e tutto reggeva Vincenzo Di Maio”.

Nuovi guai per Giovanni Niosi, la cui scarcerazione risaliva ad anni fa, ma il suo nome è tornato di attualità con le dichiarazioni di Giovanni Vitale, uomo del racket a Resuttana. Era Niosi la longa manus del clan mafioso dentro l’ippodromo di Palermo che ha riaperto dopo avere scelto volontariamente di chiudere per forzare una bonifica necessaria dall’ingerenza del clan.

Ad un certo punto, però, Niosi avrebbe rischiato di essere ammazzato. Qualcuno lo voleva morto perché aveva patteggiato la pena. L’intervento di alcuni boss di Porta Nuova evitò il peggio. L’ex vigile del fuoco, oggi settantenne, in passato aveva avuto anche la passione per il cinema. Prima del suo precedente arresto aveva partecipato ad un documentario di Blu Notte, la trasmissione giornalistica di successo ideata da Carlo Lucarelli. Raramente una ricostruzione era stato così fedele alla realtà, visto che Niosi recitava la parte di un mafioso. Non un mafioso qualunque, ma uno di quelli che parteciparono alla strage di Capaci.

Dopo lo Zen, il Borgo Vecchio e Santa Maria di Gesù tocca, dunque alla zone di Resuttana e San Lorenzo. Oltre duecento i carabinieri di Palermo impegnati nel blitz, con il supporto degli elicotteri del 9° Elinucleo di Boccadifalco, le unità cinofile del Nucleo di Palermo Villagrazia, dei militari del 12° Reggimento Carabinieri Sicilia e dello Squadrone Carabinieri Eliportato “Cacciatori Sicilia”.

I reati contestati sono associazione mafiosa, estorsione consumata e tentata, danneggiamento, favoreggiamento personale, ricettazione. Le indagini coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Roberto Tartaglia, Annamaria Picozzi e Amelia Luise hanno ricostruito gli assetti delle famiglie mafiose di San Lorenzo, Partanna Mondello, Tommaso Natale e Pallavicino-Zen (tutte inserite nel mandamento di San Lorenzo) e della famiglia mafiosa di Resuttana (facente invece parte dell’omonimo mandamento unitamente alle famiglie mafiose di Acquasanta e Arenella).

A Resuttana e San Lorenzo, ma anche nel centro di Palermo fino a dove si estendono le competenze del clan continua a pagare il pizzo. Negozi noti e meno noti non sfuggono alla regola del racket. Attak e attentati incendiari sono le conseguenze per chi non paga.

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